Il c/c cointestato non evita l’accertamento

a cura di paolo (0 commenti)

Cassazione Tributaria, sentenza depositata il 15 settembre 2015

Il contribuente che ha il conto cointestato con un familiare benestante deve dimostrare la riconducibilità a quest’ultimo di tutte le movimentazioni bancarie poi riprese a tassazione dall’Ufficio finanziario. Altrimenti è lecito ritenere che tutte le operazioni ineriscano all’imponibile, con conseguente rideterminazione del reddito dichiarato.

È quanto emerge dalla sentenza 15 settembre 2015, n. 18125, della Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile T.

Il caso trattato dalla sentenza in rassegna riguarda un accertamento ai fini IRPEF basato sulle indagini finanziarie effettuate sui conti correnti bancari di una contribuente ligure.

Il giudice dell’appello, in riforma della sentenza di prime cure, ha ritenuto la ripresa fiscale fondata in quanto la contribuente non era stata in grado di giustificare le movimentazioni bancarie riprese poi a tassazione, non essendo sufficiente allegare la cointestazione del c/c alla madre per quanto questa fosse persona dotata di notevoli disponibilità finanziarie.

Ebbene, la Suprema Corte ha sposato le conclusioni delle CTR della Liguria, con conseguente rigetto del ricorso prodotto dalla contribuente alla quale sono state addebitate le spese del giudizio, oltre l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 13 comma 1 bis del TUSG.

I giudici di Piazza Cavour, nelle motivazioni della sentenza depositata ieri, hanno riaffermato il principio di diritto per cui i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi dell'art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poiché questa previsione e quella di cui all'art. 38 del medesimo D.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell'attività svolta e dalla quale quei redditi provengano. Né può inferirsi l'applicabilità dell'art. 32 citato ai soli soggetti che esercitino attività di impresa o di lavoro autonomo per via del riferimento testuale della disposizione ai "ricavi" e alle "scritture contabili", in quanto il dato letterale risulta limitativo unicamente della possibilità per l'Ufficio di desumere reddito dai "prelevamenti".

Quanto al caso specifico, gli ermellini hanno osservato che la CTR, con motivazione adeguata, ha ritenuto sfornita di gravità, precisione e concordanza la prova indiziaria introdotta dalla contribuente, rilevando che le allegazioni volte a vincere la presunzione di maggior reddito “non erano esaustive non essendo correlate a precisi e puntuali riferimenti alle singole operazioni riferibili all’altro conitestatari ed alla causale delle operazioni stesse, essendosi la parte limitata ad affermazioni generiche
sull’autonomia gestionale della madre e sul fatto che era titolare di svariati immobili, di investimenti in fondi comuni, di titoli abbligazionari e di pronta liquidità su conto corrente
”.

In tema di accertamento ex art. 32 D.P.R. 600/73 è già stato chiarito che grava sul contribuente l’onere di dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili a operazioni imponibili. A tal fine, occorre fornire “una prova non generica ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili”.

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